MILANO, 38 gradi, l’orologio del telefono fa le 17. Sono sigillato in casa, coccolato dall’aria condizionata. Un caro amico mi annuncia le sue prossime nozze in settembre e, mentre ci perdiamo nei dettagli della cerimonia e nell’amarcord di un’amicizia ventennale, “Plin!”: dal mio smartphone parte il suono di una notifica di Facebook. La ignoro. Il mio amico e la sua futura moglie sono più importanti. Si beve, si ricorda, chiedo dettagli del banchetto, di un possibile regalo fuori lista e “Plin!”, “Plin!”, “Plin!”. Altre notifiche. Mi scuso, tolgo la suoneria e la serata finisce come da copione: baci e abbracci.
Congedati gli ospiti e col cuore gonfio di tenerezza, do uno sguardo al cellulare e noto parecchie notifiche da Facebook. Sono stanco, le ignoro. D’altra parte sono iscritto a diversi gruppi statunitensi che si occupano del mio disturbo del movimento ed è possibile che qualcuno stia discutendo di qualche nuova terapia. Il fuso ci separa. Mi addormento sereno: lascio lo smartphone acceso perché mamma non sta benissimo ma mi sveglio di soprassalto. E’ di nuovo “Plin!” “e “Plin!”. Maledico l’era dei social, disattivo il wi-fi e buona notte.
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