Secondo una recente statistica dell’Unicef, ogni giorno, nel mondo, 175.000 bambini e ragazzi si connettono a Internet per la prima volta nella loro vita e, secondo una stima globale, i minorenni hanno un tasso di presenza sul web del 71% rispetto al 48% della popolazione totale.1 È facile dunque immaginare la mole dei dati condivisi dai più giovani on line, più o meno consapevolmente. Proprio in ragione della minore consapevolezza dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia nonché dei loro diritti2, il nuovo GDPR (Regolamento UE 2016/679), che dovrà essere applicato in tutta l’UE dal 25 maggio 2018, delinea un’apposita disciplina.
All’art. 8, infatti, il GDPR prevede che, nell’ambito di offerte dirette di servizi ai minori, il trattamento dei dati sia lecito ove il minore abbia almeno 16 anni ma gli Stati membri possono stabilire un’età inferiore, purché non inferiore ai 13 anni. Per i soggetti con età inferiore ai 16 anni (o quella eventualmente stabilita dagli Stati membri), l’art. 8 GDPR stabilisce che il consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale e prevede che il titolare del trattamento si adoperi in modo ragionevole per verificare che il consenso sia prestato dal titolare della responsabilità genitoriale. Allo stato, tuttavia, non è previsto un metodo univoco per verificare il consenso e, in ogni caso, dovrà tenersi conto del rischio di falsificazioni da parte dei minori e dell’esigenza di evitare inutili burocratizzazioni.
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