Mentre ancora ci si interroga su come coinvolgere e attrarre i Millenians si impone sempre più la prima generazione mobile-first: la Generazione Z, i veri nativi digitali, venuti al mondo tra il 1996 e il 2010.
E allora è bene cercare di comprendere il DNA da subito per evitare la reiterazione di vecchi errori e Superficialità di valutazione che ancora oggi non si ammettono e che spiegano tanti, troppi colpevoli ritardi.
Quale identikit possiamo fare per Quelli della Generazione Z?
Se i Millennial hanno avuto l’iPod, la Generazione Z non ricorda un tempo senza social media. È cresciuta con l’iPhone al posto delle parole usa gli emoji e i Vine di 6 secondi, videochatta con FaceTime. Invece Facebook è da vecchi (nel 2014 il 25% dei 13-17enni l’ha lasciato), Instagram rischioso: un selfie audace può dar popolarità, ma danneggiare le prospettive di carriera. Meglio app non solo più veloci, ma che promettono la privacy. Secret, Whisper, per muoversi nell’anonimato; Snapchat, che elimina i messaggi dopo alcuni secondi. Il loro incubo è la geolocalizzazione.
Non solo la più colta (uno su due andrà all’università) ma anche la generazione più meticcia di sempre, grazie alle migrazioni che trasformano il mondo occidentale. Una rivoluzione demografica che accompagna quella culturale.
Se i “millennials”, la generazione ’80-’90, è stata quella del cosmopolitismo, della pace, della libertà di viaggiare, i nati nel 2000 sono più cauti. Il fatto di essere cresciuti negli anni del terrorismo in poi, e della recessione economica ha regalato loro una buona dose di prudenza e scetticismo. Ma anche di pragmatismo rispetto alle opportunità di carriera, meno disposti a mettere a rischio il proprio lavoro e le proprie finanze, ma anche consapevoli che le possibilità di impiego non sono infiniti e per questo occorre acquisire competenze specifiche e di cui c’è maggiormente bisogno
Insomma meno idealisti e più concreti, ma comunque lontani dall’equazione sicurezza uguale stesso datore di lavoro per tutta la vita su cui si fondava la vita dei loro nonni. Futuri squali da ufficio? Non proprio. Piuttosto squali da pc e dispositivi elettronici. “Techno-holics”, tecnologia-dipendenti.
Anche per questo più individualisti rispetto a chi è nato sul finire del Novecento.
Potrebbe quindi aprirsi un conflitto generazionale tra i lavoratori attuali, più portati al lavoro di team e a collaborare, e i nuovi arrivati, che diranno di essere più produttivi da soli, a casa, con il proprio pc.
Inoltre, l’innovazione resa possibile da tecnologie come ad esempio le lavagne interattive aumenta la qualità e l’efficacia della comunicazione a distanza rappresentando una vera e propria evoluzione degli incontri di persona. Per attrarre i talenti della Generazione Z l’innovazione IT sarà fondamentale: il 28% degli intervistati di questa generazione, rispetto al 10% delle precedenti, è attratto da aziende che mettono a disposizione dei dipendenti tecnologie che permettono di lavorare in modo più efficiente. Utilizzando una lavagna interattiva ad esempio è possibile creare documenti con annotazioni, condividerli in tempo reale con i colleghi fuori sede, salvarli in locale, inviarli tramite e-mail. Tutto questo ci porta nell’era dei meeting 2.0. Le classiche conference call, le e-mail e le chat sono poco efficaci nelle riunioni in cui sono coinvolti molti partecipanti e questo è un problema, dal momento che la comunicazione è per tutte le aziende un aspetto fondamentale. Le lavagne interattive – e più in generale gli strumenti per la visual communication – aiutano i team distribuiti a collaborare meglio. Questo anche grazie all’integrazione di tutti i dispositivi presenti negli uffici. Tutte queste tecnologie, che aumentano la produttività e facilitano lo sviluppo di nuove idee, fanno parte di quello che si chiama Workstyle Innovation, un concetto che va oltre il dispositivo in sé: si tratta di un approccio, di una filosofia che permette alle persone di collaborare meglio e più velocemente, di lavorare in modo più “smart”. Ed è questo che chiedono le nuove generazioni per le quali la possibilità di lavorare in modo collaborativo e da remoto mediante differenti piattaforme è davvero una molla fondamentale.
In fondo la sfida è la stessa di sempre: conoscere per capire, capire per organizzarsi, organizzarsi per poi investire, investire per crescere.
Alessandro Ladiana