Algoritmi (e buon senso) contro i cyberbulli. I software che difendono i minori.

Uno sforzo collettivo, fatto di informazione e cultura, ma anche di tecnologie. Il cyber bullismo è un fenomeno preoccupante, ed è per questo che i grandi player dell’industria tech si stanno muovendo alla ricerca di soluzioni che possano contrastarlo. Da Facebook a Google, l’intento è quello di utilizzare algoritmi intelligenti in grado di individuare chat fra adolescenti dai contenuti pericolosi e far scattare l’allarme. Ma prima di approfondire quali sono le direttrici tecnologiche più battute, è necessario fare alcune considerazioni.

Il bullismo esisteva già, prima che esplodesse Internet. Ed esiste oggi. Sono le dinamiche ad essere diverse. Il cyber bullismo può essere considerato, a tutti gli effetti, un’evoluzione digitale del bullismo. Una mutazione che, a conti fatti, ha peggiorato le cose. E il motivo è abbastanza palese: il bullismo 1.0 era limitato a determinati luoghi e orari (a scuola, al parco con gli amici). Il cyber bullismo, invece, dilaga senza soluzione di continuità. Quello che succede tra i banchi di scuola prosegue sulle piattaforme di messaggistica istantanea come WhatsApp fino a notte, e l’adolescente bullizzato continua ad essere perseguitato anche quando è fra le mura domestiche. A raccontarlo sono le cronache, sempre più dense di storie che hanno a che fare con gruppi di chat sui quali succede di tutto.

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