C’è una ragione precisa per cui Legambiente ha deciso di dedicare anche questa edizione del Rapporto Ecomafia, dopo quella pubblicata giusto vent’anni fa, nel 2003, al pensiero di Giovanni Falcone: la sua straordinaria attualità.
«Cerchiamo d’immaginarlo questo mafioso, divenuto capitano d’industria. Ricco, sicuro di potere disporre di una quantità di denaro che non ha dovuto prendere a prestito e che quindi non deve restituire, si adopera per creare nel suo settore di attività una situazione di monopolio, basata sull’intimidazione e la violenza. Se fa il costruttore, amplierà il suo raggio d’azione fino a comprendere le cave di pietra, i depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture in genere e anche gli operai […]. Gli altri proprietari di cave, gli industriali del cemento e del ferro verranno a poco poco inglobati in una rete monopolistica sulla quale egli eserciterà il controllo». Tratto da “Cose di cosa nostra”, Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani, Rizzoli 1991.
Leggi l’articolo completo QUI