Come ogni anno il Rapporto Censis sulla comunicazione 2017 è un ottimo strumento per guardare da vicino la dieta mediatica degli italiani e come questa cambi nel tempo. Lo studio conferma in questo senso una progressiva di appeal dei mezzi di comunicazione tradizionali. Quando si dice, così, che gli italiani non leggono più giornali si sta fotografando forse una condizione in cui poco più del 35% della popolazione compra e legge quotidiani di carta e l’incremento di lettori digitali non è tale allo stesso tempo da giustificare una migrazione verso siti d’informazione e testate online (l’utenza complessiva, infatti, a oggi supera appena il 25.2%). Meglio va invece con settimanali e periodici che hanno visto incrementare, anche se di poco, i loro lettori (rispettivamente il 31% e il 26.8%). Se negli Anni Sessanta si affermava “lo dice la televisione” per avvalorare convinzioni e creare miti, oggi l’immaginario collettivo si costruisce su internet. E i miti dei Millennials sono tanto diversi da quelli dei Baby boomers da qui la frattura generazionale Punto di partenza per aggregare i dati del rapporto è la considerazione che se dai Sessanta al Duemila erano la televisione e il cinema a “rilanciare simboli e miti che diventavano presto parti integranti delle aspirazioni di ciascuno”, adesso questo ruolo spetta alle tecnologie digitali.
Da un punto di vista dei consumi mediatici la tv (in tutte le sue piattaforme) resta al primo posto (per il 95,5% degli italiani), anche se cede terreno, la radio tradizionale perde punti (59,1%), il telefono cellulare (86,9%) si avvicina ai valori della tv, mentre lo smartphone (69,6%) è il vero protagonista, avendo più che quadruplicato la sua quota in otto anni. Internet cresce (75,2%), ma a ritmi meno sostenuti e soprattutto grazie agli smartphone, che a loro volta trascinano WhatsApp, l’applicazione di messaggistica istantanea. Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%) sono le piattaforme più popolari, Twitter non sfonda (13,6%), ma Instagram sì, tanto da raddoppiare gli utenti (dal 9,8% del 2015 al 21% di oggi). Si conferma il divario digitale tra 14-29enni e over 65enni. Grande attenzione sui servizi digitali audio (Spotify) e video (Netflix): gli abbonati sono ancora pochi (tra 10 e 11%), «ma rappresentano il veicolo principale del cambiamento che si sta verificando nel sistema generale dei media». I libri restano in una fase critica: 43 italiani su cento ne hanno letto almeno uno (di carta) all’anno, uno su dieci si è concentrato sull’e-book.
È una nuova società quella che il Censis Dipinge molto “individualistica” e “autonoma nella formazione e preparazione “, che ha trovato
in internet il suo punto di riferimento e fa sì che tra i 14 e i 29 anni sia più importante un selfie (21,6 per cento di citazione tra i fattori centrali della società) o la cura del corpo (23,1 per cento) di un buon titolo di studio, importante soltanto per il 14,9 per cento.
Alessandro Ladiana