Il lavoro nei call center oggi

Il lavoro nei call center oggi

Ieri il vicepresidente di Assocontact ha rilasciato alcune dichiarazioni sulle modifiche che la riforma del lavoro potrebbe apportare nel settore call center.

Umberto CostamagnaIl problema principale che riscontriamo nella riforma del mercato del lavoro – spiega in un’intervista a LABITALIA il vicepresidente di Assocontact, Umberto Costamagna– è l’irrigidimento sulle forme di collaborazione a progetto, che possono mettere a rischio un particolare segmento del nostro settore, cioè gli addetti in outbound, che fanno vendite al telefono, e che sono circa 30mila in Italia. Con le nuove norme molte delle nostre aziende saranno costrette a portare all’estero le proprie attività, è l’unica soluzione“.
Sarebbe una vera e propria ‘mazzata’ per un comparto che, come spiega Costamagna, “conta un miliardo di euro di fatturato all’anno con 80mila addetti outsourcer e cioè dipendenti che operano in committenza. La stragrande maggioranza dei nostri committenti sono del settore telecomunicazioni e media“.

L’allarme lanciato da Assocontact si inserisce in un discorso più ampio che coinvolge la crisi del marcato in questo settore, non solo per l’outbound ma anche per una visione più ampia del mondo dei call center che coinvolge anche i servizi inbound.

E’ in questo ambito che Teleperformance Italia si vede coinvolta in tali problematiche.
Nel 2006 l’allora Ministro del Lavoro Cesare Damiano stabilì di limitare la precarietà nel settore dei call center, attraverso la circolare amministrativa per l’attuazione della legge Biagi. Venivano così definiti i limiti per l’istituto del contratto di lavoro a progetto e si affidava la vigilanza sul rispetto della circolare agli Ispettorati del Lavoro.

Dal giugno del 2007 Teleperformance Italia si è allineata a tale normativa, decidendo di stabilizzare non solo gli operatori impegnati nelle attività inbound, ma tutti i suoi agenti e quindi anche quelli operativi sui servizi outbound.
A distanza di 5 anni ci troviamo a pagare le conseguenze di questa correttezza, investiti da una crisi del settore che si sviluppa dalle scelte degli stessi committenti, che spesso trascurano il problema della precarietà nei call center, ricercando la riduzione dei costi prima di tutto.

Questo avviene persino nella Pubblica Amministrazione e ciò si evince dai call center che lavorano per Regioni, Provincie, Comuni e Asl, gestiti da imprese che vincono le gare d’appalto con offerte minime portando, inevitabilmente, a retribuzioni molto basse e assunzioni a progetto. I tagli alla spesa pubblica per ricercare il contenimento dei costi si traducono così in precarietà.

Teleperformance Italia osservando le norme di legge si ritrova oggi a vivere una sofferta crisi per aver sostenuto costi gravosi, riducendo i margini fino ad annullarli a causa di un sistema normativo instabile a discapito di realtà virtuose come Tp.

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